Incentivi alleluja. E a Bruxelles c’è aria di guerra

di Pierluigi Bonora

È in vigore, dunque, avvenuta la sofferta pubblicazione sulla “Gazzetta Ufficiale”, il decreto che prevede incentivi fino a 5mila euro per l’acquisto di nuove auto. La piattaforma dove si possono effettuare le prenotazioni partirà, invece, il 25 maggio, ma i contratti di vendita sono subito validi grazie al via libera definitivo. È stato un parto lungo e travagliato, come ammette il viceministro allo Sviluppo economico, Gilberto Pichetto, visto che l’ok del governo agli ecobonus risale al 6 aprile scorso.

Gilberto Pichetto, viceministro allo Sviluppo economico

«La procedura tra i vari ministeri per le firme necessarie – spiega Pichetto – purtroppo è stata lunga, senza contare i 30 giorni previsti per la registrazione da parte della Corte di conti. Se si può sburocratizzare e snellire il tutto? Certo, basta mettersi d’accordo. E per il benestare della Corte dei conti, direi che per certe situazioni debba prevalere la via d’urgenza».

 

Pichetto, visto lo scenario, auspica che «gli incentivi messi in campo, 650 milioni l’anno da qui al 2024 (in tutto quasi 2 miliardi), siano sufficienti, in caso contrario valuteremo cosa fare». Secondo il Centro Studi Promotor, l’apporto – anche se per soli 6 mesi – sarà comunque significativo e potrebbe valere 200mila vendite in più, per complessive 1,3 milioni di unità nel 2022, sempre però in fortissimo calo rispetto al periodo pre-crisi. Gli incentivi oscillano da 2mila euro per i veicoli con motori tradizionali a basso impatto, fino a 5mila euro in caso di acquisto di una vettura elettrica con rottamazione di un mezzo con omologazione ante Euro 5.

 

Intanto, a Bruxelles è scontro tra le Commissioni Trasporti (contraria) e Ambiente (favorevole, ma con soli 6 voti di scarto: 46 contro 40 e 2 astenuti) al «tutto elettrico» e il contestuale addio ai motori benzina e Diesel nel 2035. La proposta è di ridurre gradualmente il tetto all’ecoinnovazione, in linea con gli obiettivi più rigorosi proposti (l’attuale limite di 7 grammi di CO2/km dovrebbe rimanere fino al 2024, seguito da 5 grammi dal 2025, 4 dal 2027 e 2 sino alla fine del 2034). La seduta plenaria Ue di giugno si preannuncia fin da ora infuocata.

 

«L’Italia – interviene Pichetto – non ha apposto la sua firma al COP26 che stabiliva l’ineluttabilità dell’elettrico nella produzione delle auto. Non sta in piedi la fissazione al 2035 del blocco relativo a Diesel e benzina perché, da qui a quell’anno, usciranno altri nuovi motori anche a zero emissioni. È però da tenere presente che le Case auto hanno fatto la loro scelta, mentre i consumatori si muoveranno condizionati sia dai prodotti sia dai prezzi».

 

«Tutto dipende da come si gestirà questa transizione – osserva Rocco Palombella, segretario generale Uilm: se lo si farà con attenzione sarà un’opportunità, se la si affronta invece come si sta affrontando adesso può diventare un problema serio con ripercussioni sull’occupazione». Per sostenere il rilancio del settore, il ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ha creato un «Fondo automotive» da 8,7 miliardi che aiuterà anche la transizione della filiera.

Suona la sveglia a Bruxelles: traballa la visione del solo “tutto elettrico”

di Pierluigi Bonora

Traballa sempre di più la volontà dell’Ue di mandare in pensione, dal 2035, i motori a benzina e Diesel, per fare spazio unicamente all’auto elettrica. Il segnale forte in questa direzione è arrivato dall’Eurocommissione ai Trasporti che si è da poco pronunciata, a maggioranza, a favore del mix tecnologico e contro l’abolizione totale del motore a combustione interna.

 

Sta dunque prevalendo la linea del buon senso, quella del principio della neutralità tecnologica che propone un ventaglio di validissime alternative a protezione dell’ambiente, grazie soprattutto ai bio-carburanti. Toccherà poi al mercato scegliere l’opzione più confacente alle esigenze dei singoli.

 

Anche il passaggio dal conteggio “tail-pipe”, che quantifica e identifica le emissioni con i gas di scarico dei veicoli, all’approccio life-cycle, modalità più aderente alla realtà che valuta la CO2 dell’intero ciclo produttivo del veicolo, gioca la sua importante parte. Ma di quali emissioni zero si è parlato fino a oggi se per produrre l’energia che fa funzionare una batteria si è “climalterato” a monte? La presa d’atto di questa incongruità è finalmente arrivata, purtroppo con il silenzio colpevole di chi ha continuato a pompare fake su fake.

 

Una visione razionale, quella che emerge a Bruxelles, che coincide con i tanti allarmi lanciati al riguardo, già da tempo, da #FORUMAutoMotive, movimento di opinione che per primo ha proceduto, con consapevolezza e anche coraggio, “contro corrente”.

 

Una visione razionale che induce alla riflessione chi riteneva di aver vinto, con largo anticipo, la propria battaglia a favore del “tutto elettrico”. Una visione razionale che, se da una parte gioca a favore delle filiere industriali obbligate dall’imposizione Ue a riconvertirsi a tempi da record, dall’altra, per essere stata annunciata con eccessiva fretta, rischia ora di creare problemi ai costruttori i cui investimenti stanziati e in corso sono fortemente sbilanciati sul “tutto elettrico”. Per i danni rivolgersi a Bruxelles e ai sovrani dell’ideologia.

Intervista a Michele Crisci, riconfermato presidente di Unrae

di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 1 maggio 2022)

«L’impegno nei due mandati precedenti è stato massimo: da 10 come voto, insieme a tutto il team di Unrae. L’automotive fa ormai parte dell’agenda politica». Michele Crisci, 57 anni, presidente e ad di Volvo Italia, per la terza volta eletto presidente di Unrae, l’associazione dei costruttori esteri in Italia, ha tra le tante priorità del suo programma quella di unire sempre di più le associazioni del comparto. «Sì – rimarca – per procedere uniti, come una federazione capace di coprire gli interessi di tutti. Stellantis? Unrae ha contatti costanti con i vertici italiani. Tanti i temi in comune».

 

Presidente, nuovo mandato e ancora tante complessità.

«Dalla pandemia, alla scarsità di materie prime e chip, quindi la guerra in Ucraina e il caro energia: gli impatti sul settore sono evidenti. Unrae ha lavorato con coraggio. La mia conferma va nel segno della continuità».

 

Europa e nodo della produzione di energia.

«Bisogna stare molto attenti nel coniugare l’autonomia energetica con le necessità economiche. Quando si fa riferimento solo ai prezzi dell’energia e ai rifornimenti da Paesi instabili, si corrono molti rischi. È necessario procedere verso un’autonomia con soluzioni sostenibili, ma anche dai punti di vista sociale, economico e politico. Ciò che non è stato fatto».

 

L’impatto sull’automotive?

«Ci sarà chi sceglierà di accelerare, puntando su rinnovabili, elettrificazione e, con i suoi tempi, l’idrogeno. E chi rifletterà di più su carburanti sintetici o soluzioni diverse. Quando si dice che occorre arrivare alle zero emissioni, ritengo non si possa imporre una strada unica, ma quella della neutralità tecnologica: raggiungere l’obiettivo con tutto quello che è disponibile. Quindi, indicazioni, ma non obblighi».

 

Il piano Ue «Fit for 55» con l’addio previsto alla produzione dei motori endotermici dal 2035?

«A Bruxelles c’è discussione. In particolare, sulla misurazione delle emissioni di CO2 non più solo allo scarico, ma su tutto il ciclo di vita del veicolo. Tutti sono ora chiamati a fare sforzi in tale direzione, anche nella produzione delle materie prime. E se le parti in causa avessero investito come ha fatto il nostro settore, la situazione sarebbe diversa. È chiaro che una scadenza sul tema CO2 ci dovrà essere, da vedere se nel 2035 o più avanti. Importante è la chiarezza sugli obiettivi nel rispetto degli equilibri occupazionali e lasciando in disparte l’ideologia. Le aziende, inoltre, devono essere messe nelle condizioni di mantenere i propri piani strategici, costati investimenti miliardari».

 

A proposito, incentivi varati da quasi un mese, ma manca ancora l’ok della Corte dei Conti.

«Anche il dato sulle vendite di aprile sarà pesante. L’ok dovrebbe comunque arrivare entro la seconda settimana di maggio, ma spero prima. Chiediamo anche l’allungamento dei tempi di validità degli incentivi da 180 a 360 giorni, vista la situazione. La guerra, tra l’altro, ha bloccato i trasporti delle auto dall’Oriente. Inoltre, dare incentivi troppo tagliati sul produttore nazionale rappresenta un errore strategico, premiando solo la domanda nel breve».

 

Flotte aziendali a bocca asciutta.

«Il Dpcm ha voluto andare incontro solo ai privati, senza considerare il ruolo centrale del noleggio nella transizione green con l’acquisto di tante auto elettriche e la successiva proposta al mercato di veicoli di ultima generazione dopo appena 3 anni e a prezzi molto ridotti. E qui c’è il contributo concreto al rinnovamento del parco auto circolante».

 

Il nodo detraibilità Iva.

«In Italia resta al 40%. La proposta è uno scaglionamento: 100% per le emissioni di CO2 da 0 a 20 g/km e 80% per quelle da 21 a 60 grammi. Sarebbe un’opportunità. Nel Nord Europa il boom delle auto green deriva proprio dai tagli apportati all’Iva».

 

I consumatori e la svolta elettrica.

«C’è curiosità. Ma occorre la capillarità delle colonnine ed è importante azzerare le perdite di tempo per cercare i punti di ricarica sulle app: non tutti hanno dimestichezza. Ora chi viaggia sa che pochi chilometri dopo può trovare la stazione di servizio per il carburante».

 

Tavares e la transizione green: “Europa spaccata sul tema energia” (di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 30 aprile 2022))

A pochi giorni dal Gran premio di Imola, Carlos Tavares torna in Italia per il lancio mondiale di Alfa Romeo Tonale, il C-Suv che apre il nuovo corso del Biscione. E dal Tempio Voltiano di Como, scrigno della genialità di Alessandro Volta, il papà della pila, l’ad di Stellantis coglie l’occasione per accostare la strategia di elettrificazione del gruppo ai problemi legati alla produzione di energia. «L’Europa si spaccherà – la sua previsione -: un gruppo di Paesi darà forza alla produzione di energia rinnovabile, altri torneranno a ciò che hanno sempre pensato, come la Francia, accelerando sul nucleare. Altri ancora, in particolare all’Est, devono decidere se tornare indietro o guardare al fronte delle rinnovabili».


Uno scenario complesso e caotico che si intreccia con la guerra in Ucraina e lo spettro di un conflitto allargato. «Con gli ultimi drammatici fatti – afferma Tavares – il tema dell’energia è tornato sul tavolo dei capi di Stato. E il quesito a cui rispondere è il seguente: come garantire energia pulita e sostenibile per il futuro? Da parte dell’Europa, penso che si spingerà sul fronte dell’elettrificazione per creare una situazione di minore dipendenza dai fossili».

In sintesi, tra guerra, crisi dei semiconduttori e delle materie prime, e caro energia, per Tavares «si sta modificando la transizione verso l’elettromobilità, con regioni che punteranno a bilanciare la produzione mantenendo gas e fonti fossili». Il piano di Stellantis prevede di produrre, entro il 2030, almeno 75 novità elettriche, 50 solo in Europa. Tavares, quindi, punta il dito contro la mancanza di ascolto dei governi, visto che «già 7 anni fa il settore aveva sollevato il problema su come avere energia pulita e sostenibile».

Per la scarsità di componenti che continua a creare problemi ai costruttori, l’ad di Stellantis vede il problema prolungarsi fino al 2023, anche se, nel caso del gruppo presieduto da John Elkann, «le difficoltà sono ormai legate a un numero ridotto di fornitori, mentre l’impressione è che le Case auto, nel caso dei chip, navighino a vista». Con a fianco Jean-Philippe Imparato, capo di Alfa Romeo, Tavares ha sottolineato come il marchio sia tornato in attivo ancora prima dell’arrivo di Tonale, raggiungendo il livello di redditività di un premium. E ha aggiunto: «In questo anno e mezzo il business model è stato migliorato e “ripulito”. Su Alfa Romeo, inoltre, l’italianità non è in discussione, Alfa Romeo è l’Italia e, in proposito, possiamo dimostrare che si può essere molto redditizi conciliando passione ed emozione con rigore, passato e presente».

Il gruppo non intende privarsi di marchi. L’ad ha spiegato come «non sia etico pensare a tagli: sto cercando di dare una possibilità a tutti i brand italiani affinché possano dimostrare il loro talento e avere utili ricorrenti. Hanno 10 anni per pianificare prodotti e strategie». Tonale, infine, sarà in vendita a giugno. A Pomigliano la produzione sta per passare da 125 a 250 unità la settimana.
Foto: Carlos Tavares, ad di Stellantis, e Jean-Philippe Imparato, ad di Alfa Romeo, accanto al nuovo Alfa Romeo Tonale

Tutto elettrico? Legati mani e piedi alla Cina

di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 23 aprile 2022)

 
Nuovo allarme sui danni che una mobilità privata solo elettrica arrecherebbe a economia e occupazione. A preoccupare Marco Bonometti, presidente del gruppo Omr nonché membro del consiglio generale di Confindustria, è il rischio reale di una sempre maggiore dipendenza dalla Cina,simile a quella per il gas con la Russia. In gioco, avverte Bonometti, sono milioni di posti. Il presidente di Omr, intervistato dall’Agi, ha tracciato un quadro nefasto. “Puntare solo sull’auto elettrica – ha affermato – è un suicidio. Può essere una delle soluzioni per ridurre le emissioni, ma nella situazione attuale non è sostenibile avere in Europa tutte auto a batteria: non c’è sufficiente energia, come quantità e di qualità, cioè pulita. Da parte italiana, inoltre, non abbiamo energia sufficiente per far girare stabilimenti e dipendiamo al 95% dal gas”.

“La geografia dell’auto elettrica era nota da tempo – l’analisi di Andrea Taschini, manager automotive e senior advisor Bain – e ora si sta prendendo atto che, se fosse imposta, la dipendenza che essa creerebbe da Pechino sarebbe peggiore rispetto a quella dal gas russo. Si potevano evitare una moltitudine di proclami e investimenti semplicemente approfondendo con onestà intellettuale il tema”.

La requisitoria di Bonometti si sofferma, quindi, sulle materie prime, il «cuore» delle batterie. “Mancano litio e nichel – puntualizza – ma anche se dovessero esserci in futuro, se prima dipendevamo dal gas russo, con l’auto elettrica dipenderemo da componenti che arrivano dall’Asia, soprattutto Cina e Taiwan». Insomma, «se oggi siamo in mano alla Russia per il gas, domani saremo in mano alla Cina per le batterie”.

Bonometti mette in guarda la Ue sui problemi che il «tutto elettrico», previsto dal 2035, potrebbe portare a un’economia già fiaccata da pandemia, guerra e caro energia, mentre il ministro alle Infrastrutture e Mobilità sostenibile, Enrico Giovannini, difende con convinzione le intenzioni di Bruxelles. “L’obiettivo – dice – è accelerare la transizione ecologica, riducendo drasticamente nei prossimi 8 anni le emissioni inquinanti e climalteranti nei trasporti; per l’Italia è una grande sfida verso un modello di sviluppo sostenibile e per le imprese una grande opportunità di innovazione e business”.

E i costruttori? Continuano a investire miliardi sull’elettrico e annunciano gamme a batteria insieme all’addio ai motori endotermici. Ma sono convinti al 100%? Nonostante i piani già tracciati, non mancano timori e perplessità. Carlos Tavares, ad di Stellantis, intervistato da “Auto”, ribadisce, a esempio, che “se si vuole avere un impatto significativo nella riduzione delle emissioni, si devono diffondere tantissime auto elettriche, ma finché costano tanto, il 50% in più come ora, non rimpiazzeremo la produzione di vetture tradizionali”. E aggiunge: “Bisogna poi esseri certi che l’energia per caricare le batterie sia prodotta in modo pulito. Ora non lo è. Altrimenti si sposta solo il problema all’origine della produzione d’energia, invece che al tubo di scarico”. Partita apertissima.

Dopo gli incentivi, il piano pro-filiera

di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 21 aprile 2022)

 
Il governo si appresta a varare un nuovo provvedimento a favore del settore automotive, questa volta però sul lato dell’offerta. In pratica, i nuovi sostegni dovranno agevolare la riconversione delle imprese verso le nuove tecnologie, un processo che comporta forti investimenti in produzione, formazione, ricerca e sviluppo. La ho anticipato il ministro allo Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, rispondendo a un «question time» alla Camera.
 
Questo nuovo Dpcm sarà inoltre finanziato attraverso risorse non impegnate sul fronte degli incentivi all’acquisto (650 milioni nel 2022 e i due anni successivi) per il cui varo si attende l’ok della Corte dei conti e la pubblicazione in “Gazzetta Ufficiale”.

L’annuncio è coinciso con la diffusione dei nuovi dati negativi sulle vendite di auto in Europa: -18,8% in marzo e -10,6% nel primo trimestre. Particolarmente grave la caduta dei 5 maggiori mercati (-20,1%), tra cui l’Italia (-29,7%), che rappresentano il 72% dell’immatricolato. L’assenza di incentivi lo scorso mese ha inoltre penalizzato le vendite di veicoli elettrici e plug-in in Italia (-22,8%), a confermare l’attuale dipendenza di questi segmenti dagli ecobonus. L’intervento di Giorgetti segue di poche ore la richiesta da parte delle associazioni del settore di mantenere alta l’attenzione sui problemi. Guerra, materie prime, caro energia e – per l’Italia – i ritardi sugli incentivi: i principali gruppi ne hanno risentito a marzo. Stellantis ha perso il 30,3%, per Volkswagen -25% e per Renault -12,5%; cresce del 9,8%, invece, Hyundai-Kia.

Tra guerra e forniture l’auto finisce Ko

di Pierluigi Bonora (da “il Giornale” del 20/4/2022)

Anche il gruppo Stellantis ha deciso di sospendere la produzione di veicoli in Russia, nello stabilimento di Kaluga, il più importante polo industriale automotive del Paese. La scelta, per altro anticipata ai sindacati italiani il 31 marzo scorso dall’ad Carlos Tavares, segue quella iniziale di sospendere le importazioni e le esportazioni dalla Russia dopo l’attacco all’Ucraina. Kaluga, per Stellantis, è la base produttiva (11mila i mezzi realizzati nel 2021 a fronte di una capacità fino a 125mila unità l’anno) dei veicoli commerciali con i marchi dell’ex gruppo Psa. Ma se per Stellantis il business russo non figura tra quelli più importanti, non è così, a esempio, per Renault. Il gruppo guidato da Luca De Meo, infatti, controlla oltre il 67% di AvtoVaz e, dunque, il marchio Lada. La stessa Avtovaz, tra l’altro, in due impianti sforna vetture a marchio Renault, Nissan e Datsun. I francesi, dunque, sono molto esposti su questo mercato: AvtoVaz, in Russia, rappresenta il 22% delle vendite complessive.

L’attacco della Russia all’Ucraina, al di là degli interessi dei singoli costruttori a produrre nei due Paesi (que mercato per molti sono marginali), aggiunge altri grossi problemi al settore automotive già fortemente penalizzato dalla pandemia, dalla mancanza di semiconduttori e materie prime, e dal caro energia. I territori in conflitto incidono sulle forniture di palladio per i convertitori catalitici (Mosca ha in mano il 40% del mercato), di gas neon per i semiconduttori (Kiev vale il 70% della produzione mondiale), mentre sia costruttori sia componentisti, soprattutto italiani e tedeschi, utilizzano il gas naturale russo per la fusione, la polimerizzazione delle vernici, il trattamento termico e altro.

Aspetti che fanno di questo comparto tra quelli più in difficoltà, anche perché tutti questi Tsunami (l’Ucraina, inoltre, esporta il 7% dei cablaggi) si sono abbattuti nel momento in cui i costruttori sono alle prese con una transizione ecologica che comporta mega investimenti per il previsto passaggio, dal 2035, a una mobilità unicamente elettrica.

Ecco allora l’industria dell’auto rallentare o addirittura bloccarsi come accade da mesi. L’indisponibilità di veicoli nuovi di fabbrica porta i concessionari ad allungare i tempi di consegna con i listini che si impennano e gli sconti che si azzerano. È il caso degli Usa, a esempio, dove a fine marzo 1,2 milioni di nuovi veicoli erano disponibili fisicamente nelle concessionarie, ma questa cifra rappresenta circa la metà della quantità di un anno prima e un terzo rispetto al periodo pre-pandemia. Miglioramenti non sono attesi almeno fino al 2023. L’impennata dei prezzi delle auto nell’ultimo anno è stata, peraltro, una componente importante della pressione inflazionistica sui consumatori Usa.

E la Cina? Le chiusure e i disordini a causa del piano «Covid zero» del governo portano le Case a guardare con timore a maggio, quando potrebbero dover sospendere la produzione se i fornitori di Shanghai e delle aree circostanti non potranno riprendere il lavoro. I crescenti blocchi per fermare la diffusione del Covid-19 stanno intasando autostrade e porti e chiudendo innumerevoli fabbriche.

Insomma, la crisi dell’automotive è globale e aumentano le incertezze sui tempi che l’Ue ha fissato per la transizione energetica del settore. Ritardi nelle infrastrutture e situazione generale da allarme rosso tengono l’economia con il fiato sospeso. I componentisti, in particolare in Italia, temono ripercussioni sull’occupazione; 73mila i posti in bilico nella filiera.