E-fuels sì, bio-fuels no: pugnalata tedesca (e non solo) all’Italia

Altro che Unione europea, viviamo ormai da anni in una vera (dis)Unione europea, dove l’Italia è costretta a subire decisioni contro i propri interessi, e non solo in tema di mobilità, come assistiamo quotidianamente. Con la complicità dei precedenti Governi, viziati da ideologie e zero incisività nei confronti di Bruxelles, ma anche di organi di informazione che hanno e continuano ad assecondare strategie devastanti, il nostro Paese è oggetto, in questi giorni, di un’altra azione penalizzante.

 

E per la serie, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio, ecco spuntare due voltagabbana che si sono rivelati tali nella discussione chiave in tema di future motorizzazioni “green”, da unire a quella elettrica: l’accordo tra UE e Germania sull’utilizzo dei soli carburanti sintetici dal 2035.

 

Il primo di questi voltagabbana, e non è affatto una sorpresa, si chiama Frans Timmermans, olandese, vicepresidente esecutivo della Commissione UE, che solo pochi giorni fa – con una retromarcia tattica – proprio da un tour in Italia aveva affermato, in una serie di interviste (senza che dall’altra parte qualcuno chiedesse spiegazioni sui passi indietro inaspettati)  che sarebbe toccato ai costruttori di auto scegliere quali tecnologie applicare.

 

Il secondo voltagabbana – e qui la pugnalata era in preventivo ma, visti i colloqui con i rappresentanti del nostro Governo, si sarebbe potuto pensare a un asse solido con l’Italia che gratificasse i rispettivi interessi – è il ministro dei Trasporti tedesco, Volker Wissing. Con grande astuzia, dopo aver ottenuto, grazie soprattutto all’Italia, la ridiscussione del piano UE sulle alimentazioni per i veicoli, ha acconsentito con il suo Governo all’introduzione dei soli e-fuels, sponsorizzati – non a caso – anche dal Ceo di Volkswagen e Porsche, Oliver Blume, senza far rientrare nel piano anche i biocarburanti come da richiesta italiana.

 

E così l’Italia è rimasta con il cerino acceso e, attraverso il premier Giorgia Meloni, sottolinea la palese e grave violazione del principio della neutralità tecnologica, secondo cui tutte le soluzioni in grado di raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione devono essere prese in considerazione. Sviluppi? Si vedrà.

Elettrico, eco-carburanti: Timmermans nel panico fa lo scaricabarile

Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo della Commissione Ue e “papà” del piano che prevede il «tutto elettrico» dal 2035, in questi giorni è alle prese con una ipocrita serie di retromarce tattiche, cercando di scaricare sulle Case automobilistiche la decisione di puntare sull’elettrico o sui motori «green» a combustione interna, quelli destinati a utilizzare i gli eco-carburanti – gli stessi che sarebbero stato banditi secondo il progetto iniziale – a patto che si arrivi alle zero emissioni di CO2.

 

Timmermans, in Italia nei giorni scorsi, ha affrontato questi temi in alcune interviste (“TG24” e “La Repubblica”), ma senza che chi stava dall’altra parte gli chiedesse spiegazioni sul cambio di rotta, fatto passare per normale, cioè di voler affidare alle Case costruttrici, costrette da tempo a investire montagne di soldi sull’elettrico, la scelta delle tecnologie migliori. Una puntualizzazione gravemente tardivaDi fatto, è l’effetto del vento contrario che deriva dalla dura posizione presa dall’Italia, insieme ad altri Paesi, sull’obbligo di produrre e vendere solo auto elettriche, decretando così la fine delle motorizzazioni endotermiche, riconosciuto fiore all’occhiello dell’industria automotive europea. Il tentativo, ora, è di girare la frittata facendo passare opposizioni e critici per allocchi.

 

A questo punto, le affermazioni di Timmermans non fanno altro che generare ancora più incertezza e confusione. Il classico scaricabarile nella consapevolezza che gli attuali decisori Ue rischiano non poco, in occasione del prossimo voto sul piano, dopo il recente rinvio determinato dai Paesi “ribelli”, di uscirne con le ossa rotta, visto anche che nel 2024 ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo con la possibilità che cambi l’orientamento politico attuale, basato sulla demagogia e sull’ideologia.

 

Insomma, a Bruxelles si comincia a riconoscere che la politica fin qui adottata porterà l’Europa in un pericolosissimo “cul de sac”, favorendo i concorrenti cinesi insieme alla sempre maggiore dipendenza asiatica per le materie prime, nonché lo spettro della desertificazione industriale. 

 

“Tutto elettrico”: la forte scossa italiana mette all’angolo l’UE

Chi la dura la vince. O, almeno, ottiene un importante risultato. E così è stato per l’Italia che , grazie alla linea dura del suo Governo, ha costretto l’UE a rinviare a non si sa quando il voto sul “tutto eletttrico” dal 2035. Un risultato importantissimo che rimette tutto in discussione, anche perché si avvicina la scadenza elettorale europea del 2024.

 

Le posizioni ferme di Italia e Polonia, l’astensione della Bulgaria, e la Germania assalita da mille timori, hanno costretto la presidenza di turno svedese a non rischiare e a evitare una figuraccia clamorosa se la votazione si fosse dovuta svolgere in sede di Consiglio UE, come da agenda, il 7 marzo.

 

Ha ragione il premier Giorgia Meloni quando afferma che “una transizione sostenibile ed equa dev’essere pianificata e condotta con attenzione, per evitare ripercussioni negative sotto l’aspetto produttivo e occupazionale”. “E che è giusto puntare a zero emissioni di CO2 nel minor tempo, ma dev’essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la via che reputano più efficace e sostenibile; quindi, non si chiuda a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall’elettrico”.

 

 

I giochi, dunque, si riaprono proprio quando sembrava tutto fatto e i “taleban-green” pro Cina, insieme alle lobby ambientaliste, politiche e industriali interessate, stavano già cantando vittoria. Resta da vedere, in attesa dei prossimi sviluppi, cosa ne pensano i costruttori, il cui silenzio assordante ha caratterizzato le accese discussioni di questi giorni.

 

ACEA, l’Associazione europea che li rappresenta, fino a ieri sera è stata zitta. Alla lettera inviata in febbraio, a Bruxelles, dal presidente Luca De Meo, con una serie di pesanti critiche a proposito del modo con cui la transizione energetica è stata condotta dall’UE, non sono seguiti altri interventi.

 

Eppure, i costruttori sono più che mai coinvolti da questa improvvisa svolta, visti gli investimenti miliardari in corso nella tecnologia elettrica (e con grave responsabilità di non aver mosso un dito negli anni passati).

 

A questo punto, come avranno preso il rinvio, con la possibilità di sostanziali modifiche al programma sulle emissioni dei veicoli e l’apertura ai nuovi carburanti “green”? La verità è che la fretta di chiudere i giochi da parte della Commissione UE, senza aver mai ascoltato nei mesi scorsi le perplessità e le preoccupazioni espresse da Paesi, come l’Italia, genererà ora un ulteriore stato di incertezza generale.

No al “tutto elettrico”: peccato essersi svegliati tardi

La posizione contraria dell’Italia, grazie al nuovo Governo, alla messa al bando dei motori endotermici dal 2035 ha dato la “scossa” ad altri Paesi. Tra questi, c’è anche la potente Germania, quindi la Polonia e la Bulgaria. Insomma, a prevalere sono i timori di pesanti ripercussioni sull’economia e l’occupazione con la contestuale perdita di competitività nei confronti di una Cina pronta a far dell’Europa un solo boccone. Tante, dunque, le pressioni e tanti i dubbi che cominciano a diffondersi a Bruxelles.

 

Comunque vada a finire e in attesa delle elezioni europee del 2024, la verità è il vento è girato, grazie anche al lavoro incisivo (e sottotraccia) svolto dall’Alleanza delle regioni europee contrarie al bando dei motori endotermici, un gruppo al quale hanno aderito 28 territori altamente industrializzati e preoccupati da questa svolta dal sapore fortemente ideologico. Ne fanno parte, dal novembre 2022, per l’Italia, Lombardia, Piemonte, Toscana, Umbria, Veneto, Abruzzo e Molise; quindi, le regioni tedesche Sassonia, Baden-Württemberg, Baviera, Sassonia-Anhalt e Saarland; quelle spagnole di Valencia, Navarra, Andalusia e Castiglia e León; e le francesi Grand Est e Borgogna-Francia-Coté. “La transizione è un processo che dobbiamo guidare, non subire”, recita, in proposito, il manifesto dell’Alleanza tra regioni.

“A Bruxelles c’è tensione nell’aria perché ci si rende ora conto degli obiettivi utopistici e irraggiungibili nei tempi previsti”, rivela una fonte vicina all’Europarlamento. Non resta che attendere gli sviluppi, insieme a una doverosa considerazione: perché queste posizioni anti-ideologiche sono emerse solo adesso? E’ vero che la campagna elettorale per il rinnovo degli organismi Ue è alle porte, ma ciò non giustifica il gravissimo ritardo.

L’UE e il blitz “green” di San Valentino: tanta fretta (perché?) e vie di uscita (ci sono)

Il blitz di San Valentino del Parlamento UE che ha deliberato il definitivo “tutto elettrico” dal 2035, a scapito della produzione e della vendita di vetture con motore endotermico, ha messo allo scoperto le profonde divergenze tra i vari schieramenti. I 274 voti contrari e i 21 astenuti (340 i sì alla “eco-follia” di Bruxelles) ne sono la chiara  testimonianza.

 

Esultano le lobby elettriche, i “taleban-green”, la sinistra (quella italiana, in particolare, che pensa di aver raccolto un grande risultato dopo le recenti figuracce). Questo blitz eco-folle di San Valentino, comunque, ha il sapore di un’accelerazione singolare, la fretta obbligata di portare a compimento questa normativa. Il perché verrà alla luce prossimamente.

 

Del resto, nel 2024, cioè il prossimo anno, ci saranno le elezioni – finalmente – per il rinnovo degli organismi UE e, in caso di auspicato di cambiamento radicale, ecco che la nuova Commissione potrebbe rimettere mano al piano ereditato da Frans Timmermans, l’olandese vicepresidente attuale, al quale l’industria cinese sarà riconoscente in eterno (meno i lavoratori del settore della “sua” Europa). Ciò vuol dire che una norma, alla luce della realtà dei fatti, può essere modificata (si guardi, per esempio, al reddito di cittadinanza), cancellando tutta l’impronta ideologica. Per la serie: ride bene chi ride ultimo. Vedremo.

 

Resta da capire se il neopresidente di ACEA, Luca De Meo, autore nei giorni scorsi di una lettera dai toni decisi e duri verso le autorità di Bruxelles, è stato colto di sorpresa o meno dal blitz UE di San Valentino. De Meo aveva infatti informato la Commissione sulle preoccupazioni e i timori del settore, dettati dalla mancanza di chiarezza e dall’ambiguità del piano, tra l’obbligo di pesanti investimenti, già in atto, sull’elettrificazione delle gamme, da una parte; e dall’altra, la stessa cosa a proposito delle motorizzazioni Euro 7, le stesse però destinate a capitolare dal 2035. Si sono parlati De Meo e Timmermans? E’ importante che il presidente di ACEA lo faccia sapere. E se così non fosse stato, cosa intende fare.

 

Il settore automotive, che ha colpevolmente “dormito” e accettato con eccessiva sottovalutazione questa rischiosissima svolta ideologica, è chiamato a dare un segnale forte. Sulle spalle ha la responsabilità del futuro di milioni di famiglie. L’Europa non deve diventare – purtroppo consapevolmente – un assoluto territorio di conquista dei big cinesi.

Guidare elettrico: promossa l’auto, ma il resto è una vera odissea

Vengo astiosamente dipinto come nemico delle auto elettriche, alla pari di vero “hater” di questa tecnologia solo perché esprimo, e mi onoro di essere stato tra i primissimi a farlo, le mie non poche perplessità sull’efficacia della volontà dell’attuale Commissione UE (finalmente agli sgoccioli del mandato) di farci comprare solo auto elettriche dal 2035.

 

Nel ribadire le mie riserve – e mi fa piacere che via via sono sempre più numerosi a pensarla allo stesso modo – confermo il fatto di essere a favore del principio meglio noto come “neutralità tecnologica” in direzione della decarbonizzazione e dell’abbattimento delle sostanze inquinanti.

 

Quindi, bene l’elettrico, ma altrettanto bene le altre soluzioni disponibili e, magari, anche meglio capaci di far raggiungere gli obiettivi “green” prefissati. In questo ambito, però, il consumatore deve essere lasciato libero di fare la sua scelta. Sarà anche vero che entro il 2035 il sistema delle colonnine di ricarica potrà essere via via migliorato, ma guardando all’oggi, la situazione resta disarmante.

 

A dimostrazione che non sono allergico alle auto elettriche, ne sto guidando una in questi giorni (e non è la prima volta): si tratta della Nissan Ariya, crossover coupé della Casa giapponese accreditato di oltre 500 chilometri autonomia (nel depliant si parla di soli 30 minuti per arrivare ad almeno 300 km disponibili in un punto di rifornimento rapido).

 

Che dire? Sinceramente una gran macchina: bella fuori e dentro, abitacolo avveniristico, spazio, comfort, connettività perfetta, prestazioni notevoli. Insomma, in generale promossa a pieni voti. Mi è stata consegnata con poco meno di 400 chilometri di autonomia e ho potuto viaggiare avanti e indietro per e da Milano tre/quattro volte (percorrenza complessiva giornaliera di una novantina di chilometri). Tutto bene, dunque.

 

Premetto che risiedo in una cittadina di 10mila abitanti scarsi, a meno di 50 chilometri da Milano, dove esistono solo tre colonnine di ricarica elettrica: una di Enel X a ridosso di un importante complesso ricreativo e due nel parcheggio di un supermercato. Stop. Premetto anche che non dispongo di “wall box” nel mio garage e non penso proprio di installarne una in quanto una vettura elettrica, visto dove abito e viste le mie esigenze, non mi serve. E lo stesso vale una vettura ibrida plug-in (confesso che quando mi capita di utilizzarne una non ho mai fatto ricorso all’opzione “full electric”).

 

Ma veniamo al dunque: i problemi arrivano quando ti accorgi che che sei arrivato al 20% di autonomia disponibile, in pratica una novantina di chilometri prima di rimanere a piedi. Urge provvedere alla ricarica. Mi reco alla colonnina Enel X con tanto di tesserino, ma niente da fare. Morta. Opto, quindi, per le due colonnine nel piazzale del supermercato (nelle ore di chiusura vengono disattivate).

 

Allaccio il cavo, mi accerto che la ricarica sia in atto e mi propongo di tornare a ritirare la macchina qualche ora dopo. E così faccio: torno dopo quattro ore e mi accorgo che la ricarica effettuata è di meno del 10%. L’autonomia è salita a 110 chilometri. Mi girano i santissimi e il sistema della Nissan mi avverte che sono disponibili altre infrastrutture in paesi vicini, a 5 chilometri e oltre. E, ovviamente, nella città più facilmente raggiungibile, a una ventina di chilometri.

 

Quindi, sarei dovuto andare nel paese più vicino e magari constatare che si tratta dello stesso tipo di infrastruttura “lumaca” o che la colonnina sia fuori uso. E intanto l’autonomia scende. Quindi, l’alternativa è dirigersi in città (con il rischio di esaurire l’energia), lasciare la macchina in ricarica e passare qualche ora a zonzo come se ciascuno di noi avesse tempo da perdere.

 

Insomma, bella macchina, promossa a pieni voti, ma il resto è un disastro, almeno per chi non risieda in una metropoli o disponga di una ricarica domestica, ma anche qui (i condomini) non è poi tutto così semplice. La scocciatura resta sempre, almeno fino a quando non ci saranno sistemi di ricarica a sufficienza, facili da utilizzare e in grado di fare il pieno di energia nello stesso tempo del rifornimento di carburante. Ecco perché, come auto personale, ho scelto un’auto ibrida rigorosamente senza la spina.

 

“Gretini”scatenati: auto imbrattate, gomme a terra. MIMO e Motor Valley Fest avvisati

E ora tocca alle automobili essere imbrattate dai “gretini” dell’ambiente. Dopo opere d’arte e monumenti, la furia “green” si scaglia contro le automobili e ciò avviene, guarda caso, in concomitanza con la riemersione di Greta Thunberg (ma non aveva detto che si sarebbe ritirata per proseguire gli studi? Si vede proprio che punta a fare carriera nella politica).

La ventenne svedese, tra l’altro, è capace di protestare nel Continente con meno problemi di CO2 in assoluto, ma resta sempre ben lontana dal presentarsi al cospetto dei big dell’inquinamento, come i cinesi, o di reclamare contro i danni incalcolabili all’ambiente causati dalla guerra in Ucraina. È più facile farsi ritrarre “sorridente” al fianco di Ursula von der Leyen e di Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione UE “folgorato” dall’auto elettrica, piuttosto che rischiare un viaggio da Xi Jinping a Pechino o da Vladimir Putin a Mosca.

Comunque, “coraggiosissima” Greta a parte, la verità è che cartelloni pubblicitari di Case automobilistiche sono stati danneggiati in diverse città d’Europa per evidenziare l’impatto ambientale del settore.Tra l’altro, fino al 22 gennaio si tiene a Bruxelles il Salone dell’auto, uno dei pochi che è riuscito a sopravvivere: un’occasione ghiotta per inscenare proteste e azioni dimostrative.

“Tutti i veicoli di grandi dimensioni che stanno promuovendo sui cartelloni pubblicitari della città non menzionano l’impatto che hanno sul clima. Quindi è abbastanza semplice capire perché stiamo facendo questo! Vogliamo dirottare l’attenzione non sulle auto, ma su un problema serio”, affermano gli attivisti di “Extinction Rebellion”. E in segno di protesta sono stati affissi “contro-cartelloni” pubblicitari in diverse capitali europee.

Tante azioni dimostrative, ma zero proposte, se non creare problemi, disordini e intralci. “Dobbiamo agire adesso perché non abbiamo più tempo. L’umanità è minacciata da un evento senza precedenti nella storia. Se non affrontiamo immediatamente la situazione, saremo catapultati nell’ulteriore distruzione di tutto ciò che ci sta a cuore: questa nazione, i popoli che la abitano, gli ecosistemi in cui viviamo e il futuro delle generazioni a venire”: ecco il ritornello che si ode da più parti e che punta ad azzerare le economie mondiali in nome di un ambientalismo demagogico e manovrato da interessi che prima o poi verranno a galla.

Nei mesi scorsi, a Parigi, sempre in occasione del Salone dell’auto, gli stessi attivisti di Extinction Rebellion avevano macchiato di una sostanza nera le Ferrari esposte. E ancora, 900 Suv, tra Stati Uniti ed Europa, sono stati trovati con le gomme a terra dai rispettivi proprietari. “Sono veicoli altamente inquinanti e inutili per città”, lo slogan in quella occasione.

Senza dimenticare il “colpo” messo a segno di recente a Milano. Nel mirino di questi personaggi è finita la preziosissima Bmw M1 firmata da Andy Warhol, un’opera dal valore di circa 10 milioni, sporcata con 8 chili di farina all’interno della Fabbrica del Vapore dove era esposta.

La protesta, dunque, monta ed è proprio il caso che gli organizzatori dei prossimi eventi motoristici in Italia – MIMO e Motor Valley Fest – in primis, prendano gli opportuni accorgimenti. Manifestazioni “contro”, in quelle occasioni, non sono da escludere. Aprire un dialogo con questi attivisti non è facile (non sentono ragioni), ma i due appuntamenti potrebbero essere un’occasione per farlo. Tentar non nuoce.

Caro carburanti e “influencer” della politica: sulle accise falsità, si chieda scusa

Ipocrisia e mistificazione fanno ormai parte di un certo mondo della politica italiana. C’è infatti chi si improvvisa “influencer” e diffonde fake con il chiaro fine di far indignare i cittadini e, in questo modo, (ri)portarli dalla sua parte. Un’offesa per gli italiani che, in questo modo, si tenta di far passare alla stregua di sprovveduti e disinformati. L’effetto boomerang, per questi politici, sarà inevitabile e meritato.

L’ultimo caso riguarda il tema delle accise sui carburanti che il precedente Governo guidato da Mario Draghi aveva deciso di ridurre temporaneamente nel pieno della crisi energetica e della conseguente impennata dei prezzi. Ridurre provvisoriamente, ovvero “scontare”, cioè una misura temporanea per poi tornare allo stato dell’arte.

Il nuovo Governo capeggiato da Giorgia Meloni non ha fatto altre che confermare il limite temporale prestabilito da chi era stato prima a Palazzo Chigi, ex Esecutivo di cui hanno fatto parte anche coloro che ora gridano alla scandalo per una misura approvata anche da loro. Bisogna essere chiari.

Quindi è una falsità gravissima affermare sui social, in continuazione, che il Governo Meloni ha aumentato le accise sui carburanti, affermazioni offensive per i diretti interessati e soprattutto nei confronti dei cittadini.

È vero che il problema delle accise, così come composte e per il peso che – tassa sulla tassa – hanno sui prezzi, ma è pur vero che, andando a memoria, non c’è stato un premier che nei suoi discorsi abbia parlato di provvedimenti per risolvere la questione e di metterci seriamente mano. Infatti, non si è mossa una virgola. Personalmente, saranno almeno 30 anni che ne sento parlare. Mi chiedo solo se a sospendere lo sconto sulle accise fosse stato un altro Governo, avremmo assistito a tutti questi attacchi pretestuosi

Unica cosa positiva delle polemiche di questi giorni è che qualcosa forse si sta muovendo. In particolare, il Governo ha stabilito che “in presenza di un aumento eventuale del prezzo del greggio e, quindi, del relativo incremento dell’Iva in un quadrimestre di riferimento, il maggiore introito incassato in termini di imposta dallo Stato possa essere utilizzato per finanziare riduzioni del prezzo finale alla pompa”. Inoltre, buoni benzina esentasse sino a fine anno.

Ritengo comunque fondamentale che chiunque si appresti ad assumere ruoli istituzionali di peso, a qualsiasi schieramento appartenga, eviti di promettere o parlare di cose che risultano in seguito di difficilissima se non impossibile, almeno nell’immediato, attuazione.

L’accisa è una imposta sulla fabbricazione e sulla vendita di prodotti di consumo, come la benzina, il Diesel e il gas da autotrazione. Ed è applicata  in tutto il mondo, anche se con modalità e percentuali che variano da Paese a Paese. Ecco le 16 voci che fanno parte dell’elenco delle accise sulla benzina e gasolio.

 

Finanziamento della guerra d’Etiopia del 1935-1936.

Finanziamento della crisi di Suez del 1956.

Ricostruzione dopo il disastro del Vajont del 1963.

Ricostruzione dopo l’alluvione di Firenze del 1966.

Per la ricostruzione dopo il terremoto del Belice del 1968.

Ricostruzione dopo il terremoto del Friuli del 1976.

Ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980.

Finanziamento della missione in Bosnia del 1996.

Rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.

Acquisto di autobus ecologici nel 2005.

Per far fronte al terremoto dell’Aquila del 2009.

Finanziamento alla cultura nel 2011.

Per far fronte all’arrivo di immigrati dopo la crisi libica del 2011.

Per far fronte all’alluvione che ha colpito Liguria e Toscana nel 2011.

Ricostruzione dopo il terremoto in Emilia del 2012.

Per il decreto “Salva Italia” del 2011.

 

Secondo l’ultimo monitoraggio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, la somma di imposte (Iva) e varie accise, ammonta addirittura al 58,2% del prezzo che si paga per la benzina e al 51,1% di quello del Diesel.

Il 30/1 ad Abano Terme faccia a faccia con il ministro dell’Ambiente

 

 

Prendo lo spunto delle ultime dichiarazioni sul tema automotive del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, per invitare gli amici che mi seguono su il Giornale”, su #FORUMAutoMotive e tutti coloro che sono interessati alla transizione del settore verso una mobilità più sostenibile, anche dai punti vista economico e sociale, a partecipare alla “Festa dei lettori del Giornale”, in programma all’hotel Mioni Pezzato di Abano Terme, dal 30 gennaio al 5 febbraio prossimi. Proprio il 30 gennaio, infatti, avrò il piacere, insieme al collega Marcello Zacché, caporedattore Economia, di intervistare il ministro Pichetto ampliando il dibattito anche alla platea dei presenti. A fare gli onori di casa sarà il direttore Augusto Minzolini. Numerosi gli ospiti-relatori attesi, tra i quali il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che è stato per anni capo della redazione romana del quotidiano.
Per maggiori informazioni e prenotazioni si può chiamare il numero 0498668377 oppure scrivere a info@hotelmionipezzato.it.

 

Solo auto elettriche dal 2035? Pichetto è per la neutralità tecnologica

 

Anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto, interviene sul tema della mobilità futura e della volontà dell’UE, ora come ora, di far produrre e vendere solo auto elettriche dal 2035. In scia alle dichiarazioni del premier Giorgia Meloni, che sull’argomento ha detto di voler dare battaglia a difesa dell’industria automotive, Pichetto ha pure affermato come debba prevalere “una certa flessibilità” nel processo di elettrificazione del settore auto che va accompagnato nella sua trasformazione.

 

L’intervento del ministro, che all’epoca del governo a guida Mario Draghi, nella sua funzione di viceministro dello Sviluppo economico, è stato “l’uomo automotive” dell’allora capo del MISE, Giancarlo Giorgetti, parlando a Radio 1 si è detto convinto che “ci sarà il superamento degli attuali motori di origine fossile”, anche se nel breve termine siamo convinti che serva un po’ di flessibilità, da un lato normativa, mentre dall’altro occorre accompagnare il settore sul fronte della produzione.” 

 

L’Italia – ha quindi puntualizzato riferendosi alla neutralità tecnologica – con le sue imprese è in grado di offrire anche possibilità di carburanti alternativi, si tratta di seguire la scelta e accompagnare il cambiamento”. Per poi ricordare che “sull’automotive nel Paese sono impiegate 100mila persone direttamente e oltre un milione con tutto l’indotto. Da qui l’esigenza di accompagnare un cambiamento di pelle. E il tutto deve andare al passo con il cambiamento che stiamo vivendo, adeguando anche la data, fermo restando l’obiettivo di abbattimento delle emissioni e di completa neutralità al 2050”.

 

Un discorso, quello di Pichetto, basato sulla realtà dei fatti. Del resto, la piattaforma digitale per la misurazione – vera – delle emissioni di un veicolo messa a punto da UNEM e che svela molte falle nel processo decisionale compiuto dalla Commissione UE, ha messo più di una pulce nell’orecchio in vista della revisione decisiva dei piani “green” europei, legati alla mobilità, prevista entro il 2026.

Sicurezza stradale: bene l’appello di Mattarella, ora si acceleri con i fatti

Le parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella, nel suo discorso televisivo di chiusura d’anno, in tema di sicurezza stradale, fanno ben sperare che il 2023 possa essere l’anno buono per una revisione completa di un Codice della strada vecchio ormai di 30 anni e oggetto – salvo eccezioni,  come l’introduzione della patente a punti e le norme sull’omicidio stradale – di continui “rattoppi”, ma in colpevole ritardo sugli sviluppi della mobilità in generale. Ecco cosa ha affermato il presidente della Repubblica nel messaggio agli italiani, riferendosi in particolare ai giovani.

 

“Parlando dei giovani vorrei – per un momento – rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade. Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro“.

 

Grazie, presidente Mattarella. Un appello importante visto che il tema della sicurezza stradale è stato eccessivamente trascurato con le conseguenze drammatiche a cui assistiamo quasi tutti i giorni. Il suo monito non potrà essere ignorato. Nelle scorse settimane il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, intervenendo alla presentazione dell’annuale “Rapporto Dekra” sulla sicurezza stradale, aveva sollevato il problema dicendosi pronto a convocare un “tavolo” specifico, per poi chiedere interventi durissimi per chi si mette alla guida – consapevolmente – in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di droghe, e si renda responsabile di un incidente. Educazione stradale obbligatoria nelle scuole, patente a più livelli e regolamentazione della micromobilità, attraverso il casco obbligatorio, l’assicurazione e la targa di riconoscimento per chi viaggia in monopattino, le altre questioni sulle quali agire.

 

Bene, queste le parole – apprezzate da tutti – ma ora ci vogliono i fatti. Ritardi non sono più ammissibili. Il conto alla rovescia per la messa in atto dei provvedimenti è partito. #FORUMAutoMotive vigilerà attentamente.