ANFIA ed Euro 7: “position paper” con criticità e proposte

La Commissione europea ha pubblicato a fine anno scorso la nuova proposta di regolamento sui nuovi standard Euro 7 per veicoli leggeri e pesanti, che per la prima volta norma anche le emissioni di sistemi frenanti e pneumatici. La proposta vede l’industria automotive europea fortemente critica in considerazione delle enormi trasformazioni che il settore sta già affrontando derivanti dalla definizione dei nuovi target di riduzione della CO2 per auto e furgoni con il bando dei motori ICE al 2035, e la recentissima proposta di riduzione della CO2 per i veicoli pesanti (camion e autobus).

In piena sintonia e condivisione con gli impegni europei di decarbonizzazione, di raggiungimento della neutralità climatica e miglioramento della qualità dell’aria, anche ANFIA, dopo un’attenta analisi, “ritiene che la proposta Euro 7 sia del tutto inverosimile nelle tempistiche attuative presentate (2025 per i veicoli leggeri e il 2027 per i pesanti), che sia estremamente gravosa per la filiera, che i benefici ambientali della valutazione di impatto siano eccessivamente sovrastimati e che sia necessaria una profonda rivisitazione del testo durante il processo legislativo europeo”.

Di seguito il position paper di ANFIA, che evidenzia criticità e proposte migliorative della proposta che l’Associazione porterà all’attenzione del Governo italiano e delle istituzioni europee.

ANFIA rappresenta da oltre 110 anni l’intera filiera automotive nazionale (car designer, componentisti, costruttori di veicoli leggeri e pesanti, costruttori di rimorchi e allestitori), uno dei più importanti settori industriali in Italia. In piena sintonia e condivisione con gli impegni europei di decarbonizzazione, di raggiungimento della neutralità climatica e miglioramento della qualità dell’aria, le imprese associate ad ANFIA sono da sempre impegnate nello sviluppo di tecnologie che riducano le emissioni inquinanti e climalteranti, ponendo in essere ingenti investimenti per il raggiungimento dei sempre più stringenti obiettivi che l’UE si è data e ha dato direttamente al settore automotive.

A tal proposito, si ricorda che l’adozione del recente Regolamento sui target di riduzione della CO2 dei veicoli leggeri e l’imminente pubblicazione dei nuovi target per i veicoli pesanti, stanno già rivoluzionando la filiera produttiva europea che, essendo storicamente leader nelle tecnologie legate al motore a combustione interna (ICE), si trova oggi a rincorrere Paesi che dominano l’elettrificazione dei veicoli (disponibilità materie prime, competenze sulla raffinazione etc.) per non perdere completamente competitività a livello globale.

La transizione produttiva fortemente voluta dalle Istituzioni europee richiede alle imprese della filiera automotive ingentissimi investimenti in tempi molto ristretti, prevedendo, inoltre, per i veicoli leggeri il “ban” dei veicoli a combustione interna al 2035. La proposta Euro 7, in particolare in merito alle tempistiche di applicazione, al cambio di metodologia di prova per i veicoli pesanti e in relazione ai prospettati limiti emissivi di alcuni inquinanti, appare incongruente e decisamente gravosa per un settore cui l’Europa ha già chiesto uno sforzo importante per contribuire agli obiettivi comuni dell’unione.

Valutazioni generali sulla proposta EU COM A seguito di una approfondita analisi tecnica, il giudizio complessivo della filiera italiana sulla proposta di regolamentazione non può che essere fortemente critico in considerazione del fatto che la proposta appare in modo evidente essere incompleta e approssimativa. Intere parti dell’allegato tecnico sono state lasciate in bianco, diversi passaggi dell’articolato sono lacunosi (ad es. la mancata definizione degli Small Volume Manufacturers di veicoli HD o i benefici attesi dall’introduzione delle Classi Euro 7+, Euro 7A, Euro 7G), incongruenti o addirittura contraddittori e alcune disposizioni (come nel caso di pneumatici e batterie) si sovrappongono ad altre normative comunitarie duplicando o complicando la regolamentazione senza nessun beneficio rispetto agli scopi dichiarati.

Più di tutto, appaiono del tutto inverosimili le tempistiche attuative proposte (2025 per i veicoli leggeri e il 2027 per i pesanti) visto che non sono state ancora definite le metodologie di prova e considerato il tempo necessario alla conclusione del processo legislativo di codecisione. Si porta poi all’attenzione del legislatore il fatto che alcune previsioni della proposta comporteranno dei significativi incrementi dei consumi di carburante e saranno pertanto controproducenti in ottica di contenimento delle emissioni di CO2.

Infatti, le tecnologie necessarie per l’abbattimento di taluni inquinanti (misure di riscaldamento rapido dei catalizzatori, di rigenerazione filtri particolato) richiedono l’utilizzo di combustibile come fornitore di energia. Gli apparenti miglioramenti innovativi, come il riscaldamento diretto dei catalizzatori mediante elettricità, comportano ancora più consumi perché sfruttano energia nobile ricavata comunque dal combustibile ad efficienza non unitaria invece che energia termica primaria. Il caso dell’N2O, inquinante introdotto per la prima volta dall’Euro 7 per i veicoli HD, è un esempio particolarmente evidente. Poiché l’N2O viene prodotto a temperature basse e medie si renderà necessario assicurare il mantenimento della temperatura dei catalizzatori in ogni condizione operativa con un notevole dispendio di energia e relativo incremento dei consumi e delle emissioni di CO2.

Si evidenzia, infine, che l’analisi di impatto fatta dalla Commissione risulta sbilanciata e poco condivisibile. Sugli impatti ambientali lo studio pubblicato da ACEA evidenzia che lo scenario di adozione dell’Euro 7, rispetto alla non adozione avrà al 2030 una riduzione aggiuntiva del 4% degli NOx delle auto, il 2% per i veicoli commerciali e i camion, mentre per gli autobus non ci sono benefici aggiuntivi; mentre la stima degli aumenti di prezzo dei veicoli (circa il 3%) è inverosimile perché gli ingenti investimenti necessari a costruttori e componentisti saranno, senza dubbio, maggiori rispetto a quanto indicato e che avranno ovviamente dei risvolti diversi anche sull’accessibilità della mobilità per i consumatori.

Riteniamo che la proposta così come presentata sia inaccettabile nel suo impianto (limiti, date di applicazione, procedure di omologazione) perché estremamente severa e, dato il contesto, ai limiti della fattibilità e che debba essere profondamente rivista nel corso del processo di codecisione fra le istituzioni.

 

Neutralità tecnologica e obiettivi di decarbonizzazione

Con dovute e importanti revisioni, il regolamento Euro 7 potrà supportare il raggiungimento dei suoi scopi solo se al contempo si preveda una forte spinta verso l’utilizzo e la valorizzazione dei low carbon fuels (LCF) ed è pertanto fondamentale che il nuovo regolamento preveda prove di omologazione con combustibili rinnovabili, identificando metodi di prova e di calcolo delle emissioni specifici che tengano conto del benefico effetto dei combustibili da fonti rinnovabili.

Per valorizzare e contabilizzare l’importante contributo alla riduzione delle emissioni, la porzione di combustibile “CO2 neutral” dovrebbe essere dedotta dal conteggio delle emissioni di CO2. In tal modo nei prossimi anni, in base alla quota percentuale di LCF venduta nell’UE, si potranno calcolare le reali emissioni di CO2 della flotta commercializzata ogni anno. Tale meccanismo, definito nella regolamentazione Euro 7, risponderebbe al “recital” (9a) del recentemente rivisto Regolamento CO2 per autovetture e furgoni che prevede la possibilità per la Commissione di sviluppare una proposta per immatricolare dopo il 2035 veicoli che utilizzino solamente carburanti “CO2 neutral”.

A tal proposito si ribadisce la necessità di avere un coordinamento tra le regolamentazioni CO2 (sia LD che HD) e quella Euro 7, così da riuscire a conteggiare solamente la quota di CO2 emessa allo scarico imputabile ai carburanti fossili. Si auspica, inoltre, che il nuovo regolamento preveda disposizioni anche per l’alimentazione a idrogeno (con ovvie attestazioni di emissioni di CO2 nulle).

 

Tempi di pubblicazione delle misure attuative

È indispensabile definire rapidamente le misure attuative della regolamentazione visti i cicli industriali e i piani di sviluppo che caratterizzano il settore automotive. I costruttori hanno la necessità di iniziare i loro processi di certificazione e omologazione per ogni tipo/variante/versione di veicolo con grande anticipo: lo scenario di incertezza attuale non consente all’industria di farsi trovare preparata e la espone a forti rischi nell’iniziare gli sviluppi. Al contempo, il passaggio a combustibili R33 o R40 da farsi in concomitanza dell’entrata in vigore dell’Euro 7, con successivo passaggio a R100 per i nuovi motori entro il 2035.

È auspicabile giungere al più presto a una proposta concreta e condivisa a livello europeo su come affrontare questo importante problema (esistono già alcune ipotesi di lavoro che utilizzano il cosiddetto Carbon Correction Factor – CCF). Le disposizioni di prova attualmente in vigore dovrebbero essere mantenute anche nel nuovo regolamento. In alternativa, riteniamo che debba essere data priorità alle misure che sono centrali per il regolamento e che sostituiscono elementi già presenti nei protocolli e metodi di prova delle attuali normative Euro 6 ed Euro VI.

Per i veicoli commerciali leggeri N1 è necessario mantenere l’impianto del regolamento Euro 6 attualmente in vigore per quanto riguarda i limiti sugli inquinanti più impattanti e la distinzione tra le classi veicolari basata sulla Massa di Riferimento. È necessario mantenere l’impianto delle prove di omologazione attuale operando un opportuno carry-over delle procedure di prova dell’Euro 6 con un aggiornamento delle prove RDE che eviti di considerare condizioni di guida irrealistiche.

L’Euro 7 dovrebbe applicarsi per le auto almeno 2 anni dopo la pubblicazione degli atti esecutivi, mentre per i veicoli commerciali leggeri serve un anno in più (4 anni) come nei passati regolamenti. Data la grande incertezza nelle misurazioni, si propone un limite di emissioni per gli NOx pari a 180 mg/kWh, che costituirebbe una riduzione di oltre il 50% rispetto agli attuali limiti dello standard Euro VI, e un adeguamento dei limiti a freddo come proposto.

Si propone di adottare il limite sul PN10 a 6*1011 #/kWh. Si ribadisce la proposta di mantenere l’impianto delle prove di omologazione attuale operando un opportuno carry-over delle procedure di prova dell’Euro VI. Euro 7 per i veicoli HD dovrebbe applicarsi almeno 4 anni dopo la pubblicazione di tutti gli atti esecutivi e delegati.

Per gli Small Volume Manufacturers (vendite in Europa inferiori a 10.000 unità all’anno) prevedere allineamento delle regolamentazioni al 2035. Per i sistemi frenanti (dischi e pastiglie) è la prima regolamentazione in assoluto per le emissioni inquinanti, sarebbe opportuno adottare discussioni separate rispetto alle emissioni «exhaust» con la previsione di un calendario di entrata in vigore separato.

Retrofit parco circolante: si propone di adottare una norma che preveda dal 2028 l’immissione sul mercato UE unicamente di parti di ricambio di impianti frenanti (dischi freno, pastiglie e tamburi) a basse emissioni di polveri. Sull’Euro 7 “non-exhaust” – pneumatici  è necessaria una forte coerenza dell’Euro 7 con i regolamenti sugli Pneumatici delle Nazioni Unite). Si propone di far ricadere gli obblighi direttamente sul produttore dello pneumatico, piuttosto che sul costruttore di veicoli.  

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