AlixPartners: tra scenari automotive e rebus elettrico

AlixPartners "Global Automotive Outlook": cinesi al 33% di quota globale nel 2030

Foto: Dario Duse, EMEA co-leader dell’Automotive & Industrial team e Country Leader Italia di AlixPartners

 

Il mercato globale dell’auto si appresta nel 2024 a recuperare i volumi pre-covid (+3% e 89 milioni di veicoli attesi nel 2024), ma con un mix geografico sempre più spostato sulla Cina – primo mercato in volume (23 milioni di veicoli nel 2023, +6% rispetto al 2022) e primo esportatore al mondo di veicoli. La domanda fino al 2027 è prevista sostanzialmente stagnante con crescita bassa a singola cifra per tutti i mercati principali (+1% annuo in Europa; 2% in America e 3% in Cina tra 2024 e 2027).

“Dopo il triennio 2020-2023, guidato da varie disruptions che hanno portato l’industria verso una condizione di sotto-capacità produttiva, l’Automotive è pienamente ritornata a una situazione di sovracapacità produttiva. Le cause? L’indebolimento della domanda, il contesto geopolitico ed economico, e soprattutto la crescita nettamente inferiore, rispetto alle attese, della domanda di vetture elettriche sulle quali si è scatenata una guerra sui prezzi nel mondo, soprattutto in Cina, a partire dai due leader BYD e Tesla”, ha affermato Dario Duse, EMEA co-leader dell’Automotive & Industrial team e Country Leader Italia di AlixPartners. “Tutti i grandi costruttori hanno una gamma elettrificata disponibile, ed è previsto che ulteriori 616 miliardi di dollari saranno investiti entro il 2027, ma al contempo l’industria ha assunto un atteggiamento attendista in ragione di una domanda di BEV debole, ancora legata agli incentivi, e una prospettiva incerta sulla effettiva tenuta della regolamentazione che impone lo stop ai motori termici dal 2035. Infine, la sostenibilità ambientale dell’elettrico per i costruttori occidentali oggi non ha ancora un riscontro in termini di domanda e di sostenibilità economica e finanziaria, elementi parimenti importanti per un’effettiva transizione energetica”.

Le piattaforme di sviluppo annunciate dai costruttori europei sono ancora concentrate sulle motorizzazioni elettriche, ma la crescita dei veicoli elettrici sta rallentando in tutti i principali mercati europei, compresa l’Italia, dove dal 2021 l’incidenza dei veicoli BEV è rimasta stabile al 4%.

Le conseguenze per le Case costruttrici sono evidenti: Volkswagen, ad esempio, ha rallentato la produzione sui modelli ID nel corso del 2023 in alcuni siti produttivi, Tesla ha avuto un calo di produzione nel primo trimestre del ’24 e prevede un piano di tagli del 10% della propria forza lavoro, come anche la cinese Polestar che addirittura ipotizza tagli del 15%.

L’elettrico, gravato da costi superiori alle pari versioni con motore a combustione, continua anche ad avere volumi produttivi per piattaforma e modello di gran lunga inferiori alle pari versioni ICE, con conseguente problema anche di capacità di assorbimento dei costi fissi. Le partnership volte a condividere tecnologie e piattaforme potrebbero rappresentare un punto di svolta, generando sinergie di acquisto nell’ordine dell’8-10% al raddoppio dei volumi, oltre a sinergie multimilionarie sui costi fissi legati a sviluppo del prodotto e assets produttivi.

“La via per la sostenibilità economica passa necessariamente attraverso la riduzione dei costi e quindi dei prezzi dei veicoli elettrici, ad oggi superiori di circa 40-50% rispetto ai veicoli a combustione. Sfida che alcuni costruttori stanno già indirizzando anche attraverso la condivisione di piattaforme e tecnologie come la partnership Stellantis-LeapMotor e Mercedes-BYD per la produzione della gamma Denza”, commenta Paolo Pucino, Partner dell’Automotive & Industrial team di AlixPartners. “Ormai mercato e operatori valutano scenari di possibile revisione del green deal / Fit-for-55, con probabile rilassamento dei tempi o della curva di entrata in vigore”.

Nel pieno della transizione energetica e in un contesto di grande incertezza geopolitica (con guerre e nuove elezioni in gran parte del mondo), si affaccia nel frattempo una nuova disruption collegata al Software Defined Vehicle (SDV), un veicolo in cui alcune caratteristiche “hard” – come la sicurezza, la protezione, la comodità e le prestazioni – possono essere controllate e modificate da un software modificabile (piuttosto che codificato) attraverso aggiornamenti Over The Air. Si tratta di modificare le caratteristiche del veicolo dopo l’uscita dalla fabbrica del costruttore, molto più complesso quindi di un semplice aggiornamento del software già possibile su veicoli recenti.

“Dalla nostra survey sui Software Defined Vehicles (SDVs), che ha coinvolto 180 Executives in ambito automotive e tecnologico, emerge che il 25% dei costruttori e il 9% dei fornitori vede i SDVs disponibili in 1-2 anni, mentre la maggioranza (intorno al 65%) si attende che i veri SDVs si vedranno nei prossimi 3-4 anni”, puntualizza Emanuele Cordone, Director dell’Automotive & Industrial team di AlixPartners. “Questa tempistica è assai breve per l’industria Automotive che ha cicli di sviluppo prodotto piuttosto lunghi basati su investimenti pluriennali, rispetto invece all’approccio Agile di sviluppo del Software, ben consolidato nelle aziende tecnologiche, che ha tempi di sviluppo molto ridotti e si basa su evoluzioni incrementali. È necessario quindi un cambio di marcia per poter cogliere le opportunità del cambiamento tecnologico e di modello di business abilitato dalla transizione verso i SDVs, che peraltro richiede un mix di competenze diverse, con ancor maggior focus su software ed elettronica, da ottenere anche valutando potenziali partnership con aziende tecnologiche”.

Per quanto attiene l’Italia, AlixPartners prevede che i volumi di veicoli nuovi rimarranno per i prossimi anni attorno ai livelli attuali (1,8 milioni veicoli nel 2023), in un contesto competitivo complesso come per il resto dell’Europa: costi, sovracapacità produttiva su componenti e veicoli ICE, e con una consolidata vocazione all’export dei componentisti.

“Il valore dei componenti di motore e trasmissione per la propulsione elettrica sono ridotti a un terzo degli analoghi componenti di un veicolo endotermico, e solo in quota parte sono accessibili ai fornitori, ponendo un rischio per i componentisti italiani di 7 miliardi di perdita di valore al 2030 e 40mila posti di lavoro in potenziale esubero; e questo escludendo ulteriori impatti sulla forza lavoro dei costruttori e delle altre filiere dipendenti da quella automobilistica” aggiunge Fabrizio Mercurio, Director Automotive di AlixPartners. “Queste perturbazioni potrebbero gravare pesantemente sulla filiera in cui già il 30% delle aziende è in una condizione di stress finanziario, e l’impatto occupazionale potrebbe riguardare tutto il territorio, in primis nel Nord, ma anche nel Centro Sud dove sono a rischio il 40% o più degli addetti. Affrontare la transizione richiede uno sforzo non solo a livello regionale, ma coordinato a livello di governo, sistema Paese e privati”.

Per identificare una strategia nazionale di sviluppo per indirizzare efficacemente i fattori di discontinuità del settore e salvaguardare l’occupazione nella fase di transizione, è stato lanciato un tavolo coordinato dal ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) con il supporto di ANFIA e che, che oltre ad AlixPartners, ha visto la partecipazione di Stellantis, Sindacati e Regioni. 

Dario Duse ha spiegato: “I lavori del tavolo si sono svolti tra dicembre 2023 e marzo 2024 e hanno espresso una proposta di Protocollo d’Intesa di respiro pluriennale con una lista di 20 interventi che coinvolgono istituzioni pubbliche e operatori privati, il tutto condensato in un piano organico finalizzato all’aumento di competitività del sistema-Paese e alla salvaguardia del settore in questa difficile transizione”.

Le tematiche affrontate sono state ad esempio gli incentivi alla domanda, da legare all’impronta ecologica della produzione, o l’accessibilità a fonti di finanziamento per il set-up di nuovi siti produttivi. Sul fronte degli operatori privati, sono citati possibili accordi tra operatori di filiera (come gruppi di acquisto per l’energia) o la definizione di progetti di riconversione guidati da aziende “capi-filiera”, con impatto positivo anche sul relativo ecosistema di sotto-fornitori. 

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