
Un vero peccato che il mondo automotive abbia lasciato morire il Salone dell’Auto di Ginevra. È indubbiamente una perdita gravissima, soprattutto nel momento in cui a regnare sono incertezze, speculazioni, confusione e strategie miliardarie decise dai costruttori che più il tempo passa più si rivelano lacunose e affrettate.
L’organizzazione della rassegna – che fino a prima del Covid-19, nonostante i segnali di declino (e qui i responsabili non hanno saputo o non hanno voluto, per superficialità, ritoccare il format), è stata sempre considerata la più importante a livello internazionale – hanno dato la colpa anche ai nuovi eventi di Parigi e Monaco di Baviera, che vedono i gruppi automotive locali impegnati in prima persona, mentre a Ginevra solo Renault ha presentato l’offerta occidentale. E non è bastata l’adesione di alcuni gruppi asiatici e carrozzieri.
E così il Salone dell’Auto di Ginevra ha esalato l’ultimo respiro subito dopo aver spento la candelina dell’edizione numero 100. Peccato, veramente. Resta viva la manifestazione in Qatar, organizzata sempre dagli svizzeri, ma il Qatar è un altro mondo e i temi portanti di quel ricchissimo Paese non coincidono con quelli europei.
Peccato, dicevo, perché il Salone di Ginevra, svolgendosi in campo neutro – la Svizzera – avrebbe potuto ancora di più essere il vero e interessante terreno di confronto tra due mondi, quello occidentale e quello asiatico (leggasi ora cinese), riproponendo in chiave attuale i passati “duelli” tra europei, americani, giapponesi e coreani.
Quello di Ginevra, sarebbe potuto essere un grande Salone “diffuso” tra Palexpo e il magnifico Lungolago della città, con dibattiti, esposizioni e confronti sulla mobilità e i suoi cambiamenti. Le elezioni UE di giugno e quelle USA di novembre avrebbero dovuto essere al centro dell’evento svoltosi a inizio 2024, mettendo di fronte i vari schieramenti e facendo incontrare pubblicamente i capi delle aziende automotive sui temi scottanti: green, digital, sicurezza e intelligenza artificiale. Per noi giornalisti sarebbe stata la manna, come è sempre stato il Salone elvetico negli anni d’oro, quando permetteva al mondo dell’informazione (quella vera) di interagire di persona con presidenti e amministratori delegati.
L’organizzazione del Salone di Ginevra avrà le sue colpe, ma ritengo gravissima la decisione della maggioranza delle Case europee di aver snobbato l’evento, affondandolo definitivamente. Una mossa, inoltre, offensiva anche per il mercato, quei consumatori fino a ora lasciati in disparte sia dalle scelte politiche di questa UE sia dagli stessi costruttori che solo ora si sono accorti che le strategie vanno fatte considerando chi tiene vivo il business – gli automobilisti – e non demagogie e ideologie.
E così il recente Auto Show di Pechino ha fatto il pieno, spostando ancora di più a Oriente il peso del settore automotive. Sarebbe bastato poco per dare uno scossone forte: puntare ancora su Ginevra in massa, lanciando in questo modo un forte segnale di avvertimento ai concorrenti asiatici, affrontandoli di petto in casa nostra. Certi fondamentali, non devono essere persi di vista.