Futuro Governo e autotrasporto: parla Fenoglio, uno che la sa lunga

di Pierluigi Bonora

 

Nuovo Governo in arrivo, il cambio di orientamento politico, i presupposti affinché il pragmatismo prevalga completamente sull’ideologia. E tutto questo anche nel settore dell‘autotrasporto, vitale per il Paese e ingiustamente poco considerato. Da Franco Fenoglio, grande esperto del settore, nonché membro del Cda di Italferr e advisor di Octo Telematics, proviamo a guardare avanti analizzando i principali problemi che attanagliano l’autotrasporto.

 

Al recente Salone di Hannover, dedicato ai veicoli industriali l’elettrico e l’idrogeno sono stati i protagonisti assoluti, ma bisogna tenere conto a cosa il mondo sta andando incontro tra crisi energetica, costi alle stesse e tensioni a tutto piano. Eppure si proseguite come se niente fosse. E i fondi del PNRR?

 

Fenoglio conclude il suo intervento rivolgendo un affettuoso saluto a tutti gli operatori del settore, invitandoli a tenere sempre duro e rinnovando il suo impegno a sostegno delle loro esigenze.

Elettrico e 120mila posti a rischio: ora una sterzata verso il buon senso

Prima oltre 70mila, da fonti ANFIA, ora fino a 120mila, come denuncia il sindacato UILM guidato da Rocco Palombella in occasione del suo congresso generale. Si accavallano gli allarmi sulla tenuta del sistema occupazionale dell’industria automotive italiana. E ha ben ragione il segretario generale Palombella a sottolineare come “la mancanza di determinazione e consapevolezza dei governi italiani che si sono avvicendati negli ultimi anni, in quanto la transizione ecologica non si fa dall’oggi al domani, non sarà indolore e le risorse messe a disposizione non saranno sufficienti”.

 

La nuova conta che porta 120mila gli occupati aderiva da un attento studio a cura di EStà, onlus no profit che si occupa di sostenibilità ed economia, secondo cui “il settore automotive sarà quello più impattato dalla transizione ecologica con il passaggio dal motore endotermico a quello elettrico”. Del resto un veicolo tradizionale con motore endotermico è composto da 7mila componenti, mentre uno elettrico arriva ad averne un massimo di 3.500/4mila. A questo punto il 40-45% degli occupati italiani, ovvero tra i 110 e i 120mila lavoratori, saranno impattati dal passaggio all’elettrico. Circa 59mila necessiteranno di corsi di aggiornamento volti al ricollocamento, possibilmente all’interno dello stesso settore di partenza, mentre almeno 52mila addetti dovranno riqualificare le proprie competenze al fine di sviluppare un profilo tutto nuovo, all’interno o anche all’esterno del comparto di riferimento. Infine, 9mila persone sono attese da una formazione volta all’aggiornamento all’interno del proprio profilo professionale.

 

L’auspicio, ora, è che il Governo in via di formazione dia subito un segnale di svolta e cambiamento, assegnando una priorità all’equilibrio tra sostenibilità “green” e sostenibilità sociale. I tempi sono strettissimi, ma il coraggio di dare una sterzata in direzione del buon senso e contro la maledetta ideologia che ha dominato in tutti i questi anni, può risultare determinante. Un’azione del genere rappresenterebbe un esempio per gli altri Paesi dell’UE e, soprattutto, un segnale contrario forte a una Commissione europea totalmente allo sbando.

 

Milano e i divieti: il chissenefrega dei “radical chic”

di Pier Francesco Caliari, manager automotive

 

Dallo scorso 1 ottobre a Milano non possono più entrare le auto Diesel Euro 5. Il sindaco Beppe Sala e la sua scellerata giunta hanno preso questa decisione in spregio alla scienza solo per ideologia politica. Naturalmente questo è supportato dall’ignoranza e dalla stupidità di quella cerchia milanese “radical chic” con le ciabatte friulane, la o le filippine a casa ù, le calze a righe Gallo e la bicicletta a cui non frega niente se il gas centuplica e fanno i weekend al Forte o a Courmayeur perché a loro l’euro non gli manca.

 

E non gli mancherà. Mentre un bel chissenefrega a tutti coloro che per lavoro o semplicemente per necessità devono o vogliono muoversi e non riescono a comprare l’ultimo modello di Range o semplicemente della utilitaria in quanto non riescono nemmeno a pagare la bolletta. Questa è la sinistra arrogante che si dice colta e inclusiva e fintamente democratica. Complimenti.